In questo articolo analizziamo uno strumento denominato Business Model Canvas a volte utilizzato dai manager in ambito strategico. Lo strumento nasce fra il 2005 e il 2010, quando un creativo dottorando di nome Alexander Osterwalder si inventò una matrice a 9 quadranti classificata fra i cosiddetti business model. Osterwalder e il suo supervisore di tesi di dottorato, Pigneur, scrissero poi un libro dal titolo Business Model Generation che diventò campione di vendite nel suo genere, complice l’adozione in alcune prestigiose Business School.

Non sto a tediarvi con le teorie dei business model, anche perché sulla rete trovate, come al solito, di tutto e di più. In pratica, un Business Model serve per capire come sviluppare “valore” in termini di soddisfazione del cliente, economico finanziario, nonché sociale, e non è da non confondersi con il Business Plan. Quest’ultimo, infatti, propone una roadmap o meglio un deployment di azioni per raggiungere obiettivi e goal strategici. Ad esempio abbiamo visto l’Hoshin Kanri che può servire proprio a questo fine. Il Business Model, invece, è una cornice che a colpo d’occhio fa capire quali sono gli elementi che portano alla generazione del valore per i clienti ed altri stakeholders, collegato quindi al Business Plan.

Ho dovuto usare per la prima volta (sono stato costretto) questo strumento nell’ambito del lancio di una spin-off. Fra i vari documenti quali business plan, piani economici finanziari, di marketing, etc. veniva richiesta anche la matrice Canvas, Ho quindi trovato il formato originale della matrice, riportata sotto nella immagine e ho iniziato assieme ad altri due manager ed un collega la compilazione dei suoi campi. Con tutta franchezza, ho avuto difficoltà nel trovarci tutta questa ventilata utilità.

Ma vediamo, brevemente, prima di muovere alcune personali critiche, cosa occorre scrivere nella famosa matrice. Seguendo la figura di cui sopra, la matrice del Business Model Canvas si compone di 9 precisi campi:

  • Partner chiave. Quali sono i partner chiave che sviluppano valore assieme alla nostra impresa? Chiaramente nel settore manifatturiero assumono importanza i fornitori primari di materie prime e lavorazioni, senza i quali non riuscirei a fare il prodotto. Ma può risultare partner chiave anche chi, ad esempio, mi ha installato l’ERP, chi gestisce la cyber security, chi gestisce la salute e sicurezza se sono un’azienda ad alto rischio di infortuni, centri di ricerca, importanti outsourcing, etc.
  • Attività chiave. Quali sono i processi/attività più importanti per far si che il business model funzioni creando valore. Qui, a seconda del tipo di business, si spazia da processi tecnico-commerciali, a lavorazioni specifiche ad alto valore aggiunto, ma anche ai processi collegabili ad un call center che deve rispondere rapidamente per problematiche tecniche al cliente, etc. Il call enter diventa però una risorsa chiave.
  • Risorse chiave. Anche qui spaziamo attraverso numerosissime categorie che possono includere impianti, mezzi logistici, sistemi elettronici, il prima citato call center, così come proprietà intellettuali quali brevetti, ricette e know-how vari. Le risorse possono essere pure di natura finanziaria ed umane.
  • Proposte di valore. Nelle proposte di valore elenchiamo tutto ciò che crea valore per i clienti o segmenti di clienti in termini di caratteristiche di prodotto/servizio, tempi di consegna, design, capacità di personalizzazioni, innovazione, valore del brand, prezzi concorrenziali, parti di ricambio e servizi post vendita, etc.,
  • Relazioni con i clienti. Quale tipo di relazione intratteniamo con i nostri clienti? Il classico commerciale che fa visite periodiche? Tutto automatizzato tramite chat-bot? Codesign di prodotto? Investimenti di lungo periodo?
  • Canali. Abbiamo relazioni dirette con i clienti? Utilizziamo dei grossisti? Retail, Franchising? Vendiamo solo tramite E-commerce?
  • Segmenti. A quale tipologia di clienti ci rivolgiamo e come li segmentiamo.
  • Struttura dei costi. Questo campo porta a capire quali siano i costi più rilevanti per creare valore, classificandoli come fissi, variabili e per specifiche categorie quali materie prime, software, personale, progettazione, affitti, etc.
  • Flussi dei ricavi. I ricavi possono essere generati tramite ordini/contratti singoli, accordi quadro, contratti di comodato, singole transazioni di E-commerce, leasing, licenze, etc.

Ed ora qualche critica del tutto personale sull’utilizzo dello strumento.

Prima di tutto, non esiste un collegamento con i goal ed obiettivi strategici dell’organizzazione. Il valore che si tende a considerare è sbilanciato verso le proposte di valore per i clienti. Ma i miei obiettivi strategici potrebbero essere anche altri. Ad esempio, data la penuria di risorse finanziarie si potrebbe decidere di tenere il magazzino il più basso possibile e ad alta rotazione. Focalizzandoci sui clienti, i segmenti di mercato e le proposte di valore per loro, si tende a non considerare altri fondamentali obiettivi strategici da raggiungere.

L’orizzonte temporale, poi, non è un fattore secondario. Il Business Plan può contenere obiettivi a cinque, tre ed un anno. Ciò che riportiamo nei 9 campi del Business Model Canvas a che orizzonte temporale si riferisce? Ne facciamo uno per anno? Un unico che vale per cinque anni?

Altro problema, qual è l’ordine con cui si compila? E soprattutto, quali sono le relazioni fra i 9 campi? Iniziamo la compilazione da in alto a sinistra con i partner chiave come verrebbe spontaneo? Non mi pare abbia molto senso. Io sono partito dai segmenti di clienti, poi sono passato alle proposte di valore e poi? Quali sono i successivi campi su cui muoversi? Infatti, in internet, si trovano matrici Canvas con i 9 campi sistemati secondo un flusso logico e con percorsi di collegamento fra i diversi campi. Alla fine, onestamente, risulta pure molto difficile leggere tutto assieme; anche se l’intento sarebbe proprio il contrario, offrire tutto assieme in maniera semplice.

L’estrema semplicità nella compilazione può diventare un altro problema. Tutti sanno che bisogna essere sintetici nella compilazione del Canvas, rimanere all’interno di una pagina e scrivere in maniera sintetica, Spesso, però, la semplicità porta a trascurare numeri (alcuni Canvas proprio non ne hanno), percentuali, periodi di riferimento, etc. E si perdono quindi importanti informazioni. Sfido chiunque ad utilizzarlo per business complessi, con molti prodotti, numerosi canali di vendita, interazioni fra personale in vari uffici, personalizzazioni spinte, etc.

Un’altra cosa che mi fece notare un collega durante la compilazione è che non tiene in considerazione in alcun modo delle minacce esterne dei competitor. Dove mettiamo che dopo un anno il competitor potrebbe copiarci quel particolare prodotto? A quel punto bisogna cambiare quasi tutto il Canvas. Ne facciamo due distinti? E a proposito di attori esterni e quanto visto sopra sugli obiettivi strategici, la versione originale del Canvas è fortemente orientata al valore per i clienti e non tiene pertanto in considerazione cos’è valore per stakeholder quali la comunità ed i dipendenti. Ma per questo, nel tempo, è nato il Social Business Model Canvas, onestamente mai usato.

In definitiva, tante lacune a cui non è facile dare una risposta e spesso si rischia la perdita di informazioni essenziali data la semplicità dello strumento. Ma allora mi chiedo, non basterebbe una ancora più semplice e sintetica matrice SWOT?

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