Come consulenti Chiarini & Associati – divisione C&A ESG – spesso ci viene posta la domanda se il report o bilancio o di sostenibilità sia in qualche modo obbligatorio. Vediamo di porre un po’ di chiarezza su questo tema.

Nel passato, la Direttiva NFRD (Non Financial Reporting Directive) del 2014 stabiliva che la rendicontazione di sostenibilità fosse obbligatoria soltanto per chi era quotato e aveva avuto in media nell’ultimo esercizio più di 500 dipendenti, superando o 20 milioni di euro di stato patrimoniale o un fatturato di 40 milioni. L’Unione Europea, dal 1° Gennaio 2017, ha così introdotto l’obbligo di reporting sulle tematiche ambientali, sociali e di governane a tali tipologie di imprese.

Il 16 Dicembre del 2022 è poi uscita la Direttiva denominata CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) . Questa, rispetto alla precedente, ha allargato la platea delle aziende soggette a tali obblighi introducendo anche interessanti novità sul come ottemperare alla rendicontazione della sostenibilità. Ma vediamo, con ordine, di capire per quali imprese è diventata obbligatoria questa nuova direttiva e con quali tempistiche. Sostanzialmente abbiamo tre diverse fasi temporali.

  • Dal 1° gennaio 2024 per tutte quelle aziende che erano già soggette alla precedente direttiva NFRD del 2014
  • Dal 1° gennaio 2025 per le grandi aziende che attualmente non sono soggette alla direttiva del 2014. Grande azienda significa superare almeno una di queste tre grandezze: Stato patrimoniale di 20 milioni di euro, fatturato di 40 milioni e 250 dipendenti
  • Dal 1° gennaio 2026 per le PMI quotate, eccetto le microimprese (che normalmente non sono quotate)
  • Occorre infine includere le filiali UE di società non UE e società extra UE quotate sui mercati regolamentati dall’UE
  • Chi non si ritrova in una delle categorie di cui sopra può ovviamente redigere il bilancio di sostenibilità volontariamente e, sicuramente, molte grosse realtà inizieranno a chiederlo alle PMI non obbligate dalla direttiva, nonché diventerà elemento di valutazione nelle gare di appalto della Pubblica Amministrazione.

La direttiva CSRD introduce rispetto alle richieste precedenti alcuni aspetti molto importanti quali:

  • Comunicazione totale sulla sostenibilità tramite un documento che descriva il modello di business e le strategie aziendali per la sostenibilità (ambiente, etica, salute e sicurezza); la resilienza ai rischi e le opportunità per la sostenibilità (rischi ed opportunità è qualcosa contenuto anche negli standard ISO 9001, 14001 e 45001)
  • Definire obiettivi per la sostenibilità, riferiti ai vari stakeholders ed il loro miglioramento
  • La dichiarazione del ruolo degli organi di amministrazione, gestione e controllo degli aspetti ESG
  • Informazioni sulle attività materiali ed immateriali quali il capitale intellettuale, umano, sociale e relazionale. Pertanto on basta dichiarare gli investimenti materiali per il miglioramento delle performance ambientali o della sicurezza di natura ad esempio impiantistico tecnica
  • Una descrizione delle politiche e delle procedure di sostegno e gestione della sostenibilità
  • Il principio di doppia materialità, ovvero occorre specificare come i fattori di sostenibilità abbiano un effetto sullo sviluppo e performance aziendali (prospettiva outside-inside) e come l’attività dell’azienda impatti sulla gestione sociale e sull’ambiente (prospettiva inside-out). La prima è una prospettiva più di Corporate Social Responsibility (CSR) mentre la seconda più specifica del vero e proprio Environmental, Social and Governance (ESG)
  • L’introduzione di standard di rendicontazione europei. Questi standard, denominati European Sustainability Reporting Standards (ESRS), sono in fase di bozza e sono redatti dall’European Financial Reporting Group (EFRAG) che pare voglia differenziare gli standard secondo le dimensioni dell’azienda. I lavori dell’EFRAG sono disponibili a questo indirizzo. Come Chiarini & Associati consigliamo ai nostri clienti, però, di adottare gli standard del Global Reporting Iniziative (GRI) per due fondamentali motivi. Il primo perché il GRI è il sistema di reporting sulla sostenibilità più adottato e conosciuto in assoluto. Secondo perché il GRI sta lavorando assieme all’EFRAG per avere una interoperabilità fra gli standard ESRS e GRI; quindi secondo noi applicato il GRI di conseguenza si sarà pressoché conformi anche allo standard ESRS. Provate a leggere questo comunicato emesso nel 2022 dal GRI per rendervene conto.
  • Il documento di report deve essere emesso assieme alla relazione di gestione con unico formato elettronico XHTML , identificando digitalmente ciò che riguarda la sostenibilità

A prescindere dalle varie direttive e standard, crediamo fortemente che il sistema di reporting debba:

  • Contenere collegamenti al business plan aziendale con specifici obiettivi declinati per stakeholders e con deployment sui vari piani di attuazione
  • Essere collegato con il modello organizzativo 231 ed il suo Organo di Vigilanza
  • Essere collegato nella parte di politiche e procedure ai tipici sistemi di gestione ambiente, sicurezza e responsabilità sociale quali ISO 14001, 45001, SA8000 ed ISO 26000
  • Essere collegato ad eventuali altri standard quali ISO 14040 (LCA), 14067 (Carbon footprint), 14064 (Greenhouse gases). 14046 (Water footprint) ed altri

Quindi una vera e propria integrazione di tutti i sistemi di gestione aziendali partendo dalle strategie, con lo spirito di affrontare seriamente e con ritorni misurabili il sistema ESG-CSR.

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